Mitridate, Vienna, van Ghelen, 1728

 ATTO TERZO
 
 Piazza di Eraclea con la facciata del tempio di Ercole e con ara collocata in mezzo a due statue colossali, l’una di Ercole e l’altra di Apollo.
 
 SCENA PRIMA
 
 OSTANE
 
 OSTANE
 Ben fu egizio e fatal per me quel giorno,
665in cui vinto da preghi e da lusinghe
 presi in custodia chi dovea costarmi
 tanto disagio e affanno. Ah! Che men grave
 peso e fatica è aver sul capo un monte
 che in sua cura tener vaga fanciulla.
670Chi detto me l’avria? Quella che m’era
 di conforto in miseria e in servitude,
 di virtù parea specchio e di onestade.
 Ma l’apparenza inganna; e tali sono
 le reti e i lacci, che a beltà son tesi,
675che alfin per qualche via forza è che inciampi.
 Dopo un vano cercarla, io qui men venni,
 ultima meta de’ miei lunghi errori.
 Or con qual fronte a Gordio
 mi offrirò? Qual d’Aristia
680conto gli renderò? Poc’anzi il vidi
 e ne la turba mi celai per tema
 d’esser sorpreso. Aristia, oh! qual m’hai resa
 mercede! Io più che padre
 ti fui. Tu a me furtiva... Ah! Questo, questo
685de’ miei danni è ’l più greve,
 che m’hai schernito; e pur saper dovea
 che cor di figlia è mobil cosa e lieve.
 
    Vedea modesto volto;
 sguardo vedea raccolto;
690tutto virtù parea;
 ma ’l cor, che non vedea,
 fu quel che m’ingannò.
 
    Venga beltà e si vanti
 che non conosce amore
695e che non cura amanti;
 più non mi fiderò.
 
 SCENA II
 
 MITRIDATE, LADICE, APAMEA, soldati, popolo, eccetera
 
 MITRIDATE
 Dei, che al Ponto e a l’Eusino
 presidi siete e che teneste incerto
 fra Mitridate e Roma
700lungo tempo il destino, avremmo vinto,
 s’Asia non ne tradia. Vil servitude,
 più che onorata libertà le piacque.
 Non la scosse il mio esempio; e non la punse
 il danno mio. Cedei costretto e attesi
705miglior tempo a vendetta. Or questo è giunto,
 popolo mio fedel. Farem non soli
 la guerra a Roma. Asia respiri alfine
 e sien l’Ionio e l’Alpi
 de l’orgoglio latin meta e confine.
 LADICE
710Tarda ancora Farnace.
 MITRIDATE
 Verrà. Bando a timore.
 APAMEA
 (Poco di lieto mi predice il core).
 
 SCENA III
 
 GORDIO, fra i due legati e con seguito d’armeni, e i suddetti
 
 GORDIO
 Piaceti, eccelso re, ch’alto si legga,
 pria che si giuri, il vicendevol patto?
 MITRIDATE
715Piacemi.
 GORDIO
                    E che presenti i patrii numi,
 l’odan Pontici e Armeni?
 MITRIDATE
 Piacemi.
 GORDIO
                    «Regio patto. (Gordio spiega e legge il patto dell’alleanza)
 Tra i due d’Armenia e Ponto alti monarchi
 sia ferma pace e stabil lega. Entrambi
720movan per ogni lato, a un tempo istesso,
 contra il popol roman schiere e navigli.
 L’un senza l’altro non deponga l’armi
 né dia mai pace. Erede a Mitridate
 sia ’l principe Farnace; e la reale
725di Tigrane germana a lui sia sposa.
 Sculto in bronzo il decreto, eterno passi
 ai secoli venturi.
 Il giuri Mitridate;
 e per Tigrane Eumaco e Arasse il giuri». (Mitridate, accostandosi a l’ara, rivoltasi verso il simulacro di Ercole)
 MITRIDATE
730Prole immortal di Giove, invitto Alcide, (Con instrumenti)
 giura a te Mitridate;
 e su questa, a cui stendo
 riverente la destra, ara sacrata,
 giura il patto osservar. Se fia ch’io manchi,
735questa fiamma immortal sovra il mio capo
 divampi e lo divori;
 e a le ceneri mie, del monumento
 l’onor sia tolto e le disperda il vento.
 GORDIO
 Arco e stral mi si rechi; e voi su l’ara
740la man ponete, Eumaco e Arasse. (Vien recato a Gordio un arco armato di freccia e, intanto che esso per Tigrane fa il giuramento avanti la statua di Apollo, i due legati armeni si accostano all’ara e vi pongon sopra la mano)
                                                               O vita (Con instrumenti)
 del mondo, o re del giorno, o biondo Apollo,
 su l’arco teso eccoti il ferro alato, (Mette la freccia su l’arco e poi la scocca nell’aria)
 eccol volar stridendo
 e fender l’aure vane. Or se la fede,
745che a te sincera in nome
 giurasi di Tigrane, ei venga meno,
 fa’ sì che il letal ferro
 su lui ricada e gli trafigga il seno.
 LADICE
 Ancor tarda Farnace...
 MITRIDATE
750Verrà. Lo attenderemo
 nel tempio.
 APAMEA
                        (Io non ho pace). (A parte. Incamminandosi tutti per entrare nel tempio, si arrestano in vedendo Dorilao frettoloso che verso loro sen viene con la spada in mano)
 
 SCENA IV
 
 DORILAO e i sopradetti
 
 DORILAO
 Ah, signor...
 MITRIDATE
                         Dorilao...
 LADICE
                                            Qualche sciagura.
 DORILAO
 Il principe Farnace
 assalita ha la reggia e, poste in fuga
755le poche guardie, ne ha rapita Aristia.
 APAMEA
 O dio!
 MITRIDATE
               Rapita Aristia? E tu cedesti?
 DORILAO
 Feci il dover; ma solo o mal seguito,
 che potea contra tanti? Ei via si aperse
 col ferro e più col guardo.
760Pochi osar volger l’armi
 contra il figlio real.
 MITRIDATE
                                     Non è più figlio
 chi già è ribello. Andiam di mano a torgli
 l’iniqua preda.
 DORILAO
                              Ei seco
 ora è fuor di Eraclea, che uscir nel vidi,
765occupata e sorpresa
 la porta aquilonar che al mar riguarda.
 GORDIO
 Ah! Ch’ivi pronte e’ tiene e navi e schiere,
 da la Colchide...
 MITRIDATE
                                Avesse
 tutta anche l’Asia, sbigottir farollo
770anche in mezzo al suo campo. Andiam, soldati.
 GORDIO
 (Forse gli oltraggi miei fien vendicati). (Parte)
 LADICE
 Ahimè! Che non ti guidi
 l’ira soverchia a perderti. Di amante
 moglie i cauti consigli...
 MITRIDATE
775Eh! Vinti ha Mitridate altri perigli. (Parte Mitridate seguito da’ suoi soldati)
 
 SCENA V
 
 LADICE, APAMEA e DORILAO
 
 LADICE
 Apamea, se non lieta,
 vendicata sarai.
 APAMEA
 E in esser vendicata
 sarò alora io più lieta?
 LADICE
780Che? Dopo tante ancora ingiurie ed onte
 ameresti l’indegno?
 Vile che sei. Rendigli sprezzo e sdegno.
 
    Ricordati qual sei;
 e pensa qual son io.
 
785   I torti tuoi son miei.
 Se col tuo cor non puoi, l’odia col mio.
 
 SCENA VI
 
 APAMEA e DORILAO
 
 DORILAO
 Fermati; e almen di qualche atto cortese
 degna l’opra fedel di servo amante.
 APAMEA
 Oh! Se nel duro stato, in cui mi trovo,
790tempo avessi a sgridar chi mal mi serve,
 di premio invece avresti pena.
 DORILAO
                                                          L’arte
 è questa degl’ingrati,
 mostrar che sieno offese i benefici,
 per negar la mercede.
 APAMEA
795Che facesti in mio pro?
 DORILAO
                                             Salvo è Farnace.
 Dorilao ti ubbidì. Diedi a sua fuga
 e la mano e ’l consiglio.
 APAMEA
 Ch’ei sol fuggisse d’Eraclea, bastava.
 DORILAO
 Tanto ti duol che Aristia
800sia di Farnace al fianco?
 APAMEA
 Duolmi che il padre a sé rubel lo creda.
 DORILAO
 Non t’infinger. Tu l’ami... Eh! Ch’io vaneggio.
 Il tuo solo è dispetto,
 non gelosia.
 APAMEA
                         Di’, segui.
 DORILAO
805Mostri d’amar Farnace
 per timor de la madre...
 APAMEA
                                              E dolor mostro
 di vedermi sprezzata. E ch’altro dissi?
 DORILAO
 Mi sovvien del comando; e l’ho ubbidito.
 Né qui sto a ricercar se nel tuo core
810ciò che ’l diè fu virtù, pietà...
 APAMEA
                                                      Fu amore;
 e amor mi chiama al campo;
 e tu devi soffrirlo e là guidarmi.
 DORILAO
 Colà tra i rischi e l’armi?
 APAMEA
 Colà dov’è Farnace,
815mio tesoro, mio amor, mio ben, mia pace.
 
    M’intendesti? Che vuoi far?
 Ubbidir per meritar.
 Al mio amore
 sii fedele. E poi chi sa?
 
820   Al destino del tuo core
 resta almen qualche speranza.
 Solo il mio sperar non sa.
 
 SCENA VII
 
 DORILAO
 
 DORILAO
 Con ingrata beltà così succede,
 tormentosa costanza, inutil merto,
825sofferenza sicura e premio incerto.
 
    Meglio saria sul lido
 coltivar sterpi e arene
 che por fatica e spene
 a ben servir le ingrate.
 
830   Veglia a punir la legge
 furti, omicidi, inganni;
 né sa por freno ai danni
 che fa crudel beltate.
 
 Spiaggia di mare, tutta ingombrata di tende e d’altri apprestamenti di guerra. Da una parte veduta di armata navale in lontano e dall’altra quella del porto e della città di Eraclea.
 
 SCENA VIII
 
 FARNACE e ARISTIA, con seguito di soldati
 
 FARNACE
 Siamo nel fedel campo, Io t’ho pur tratta
835da le barbare mani
 de’ tuoi nemici e miei.
 ARISTIA
                                            Deh! Che facesti?
 Deh! Che far pensi?
 FARNACE
                                        Viver tuo e salvarti.
 ARISTIA
 Questa misera vita
 merita, o dio! che tu le sveni il sacro
840dover di figlio e la tua gloria istessa?
 Per me sarà Farnace
 un figlio ingrato? Un suddito ribello?
 FARNACE
 Odio anch’io questi nomi; e queste colpe
 anche a me fanno orrore.
845Ma mi si lasci Aristia
 né mi si astringa a peggio.
 ARISTIA
 Parmi già di veder il regal padre
 d’ira armato e di ferro...
 FARNACE
 L’ire rispetterò; col petto ignudo
850incontrerò quel ferro;
 ma mi si lasci Aristia
 o prometter di me null’altro posso
 che dolor disperato e amor feroce.
 ARISTIA
 Caro principe, lungi
855sì rei pensier. Ti abbraccio (S’inginocchia)
 le ginocchia e le spargo
 di lagrime e ti prego.
 Torniamo in Eraclea. Torniamo al padre.
 Getta al suo piè quel ferro,
860ferro ancora innocente.
 Merita il suo perdono;
 e di me non ti caglia,
 s’anche debba morir. La morte mia
 assolve la tua fede,
865ti toglie di periglio e in miglior nodo
 ti riconcilia il padre.
 FARNACE
 Crudel! Ti avrò salvata
 per poi condurti io stesso
 vittima a l’odio altrui? Dimmi, e fia meglio
870che questa man, che questo
 acciar sia ’l tuo omicida.
 Torrò almen così, torrò quest’empio
 trionfo a’ tuoi nemici. (S’ode in lontano suono di timpani e trombe)
 ARISTIA
 Ahimè, qual suon! Forse il re fia...
 FARNACE
                                                                Guerrieri,
875custoditemi Aristia.
 ARISTIA
                                       E tu risolvi?...
 FARNACE
 O salvarti o morir.
 ARISTIA
                                     Sei figlio...
 FARNACE
                                                           E sposo.
 Ritirati. Al tuo aspetto
 crescerieno nel padre
 le furie, in me i perigli.
 ARISTIA
                                             Ah! Temi colpa,
880non morte. Ancor ti prega il cor dolente.
 FARNACE
 Vanne. Tu reo puoi farmi e tu innocente.
 ARISTIA
 
    Senti e parto. (Pensa alquanto e poi risoluta)
 Segui pur il tuo consiglio,
 sposo ingiusto, iniquo figlio.
885Il mio ancora io seguirò.
 
    Da un colpevole furore
 l’innocenza del mio amore,
 no, tradir non lascerò. (Entra in una tenda vicina)
 
 SCENA IX
 
 MITRIDATE con seguito e FARNACE
 
 MITRIDATE
 Là restate, o soldati. Anche a costoro (Di lontano ai suoi)
890re sono; e arrossirei che Mitridate,
 non avvezzo a temer fra’ suoi nemici,
 nel suo campo temesse. (Si avanza verso Farnace)
 FARNACE
 Padre, e signor... (Andandogli incontro)
 MITRIDATE
                                   Quai nomi
 sul labbro di Farnace? È questa, o perfido,
895l’ara? Qui a l’imeneo la pompa appresti?
 Han qui a spegnersi l’ire?
 Qui i sospetti a finir? Qui a giurar vieni
 la guerra a Roma? O vieni
 a farla a Mitridate?
900Eccomi. Su. Costoro,
 che eran sudditi miei, sono i tuoi forti
 commilitoni. A me difese intorno
 non ho né voglio. Su. Snuda quel brando.
 Volgilo a questo petto;
905o me lo gitta al piede,
 figlio senza rispetto e senza fede.
 FARNACE
 Né quest’armi, o signor, né questo figlio
 sono in tua offesa. Il solo
 Mitridate qui regna. Io qui non venni
910rei tumulti a svegliar. Cercai rifugio
 per Aristia e per me. Libero parlo.
 Esser non può mia sposa
 la figlia di Ladice. Altri ricerchi
 patti l’Armenia, altri ne accordi il Ponto,
915questo non mai, che dal mio cor dipende
 e da un amor che sua ragion difende.
 MITRIDATE
 Con sì perverso figlio
 voi vendicate, o dei, gli altri che ho uccisi
 per minor fallo. Punirò anche questo;
920né tu sarai l’erede
 di Mitridate.
 FARNACE
                           Io ti presento il seno.
 Segui il barbare genio, il fier costume.
 Non ti nego una vita
 che è tua. Quella ti nego
925fede che solo è mia. Lasciami Aristia
 e poi di regno privami e di tutto.
 MITRIDATE
 Pur m’additasti il luogo
 da poterti atterrir. La scellerata (Dà di mano alla spada)
 donna, cagion di tanti mali, omai
930tolgasi da la terra. (Veduta Aristia uscir della tenda, va furioso verso di lei)
 FARNACE
 Me vivo e me presente,
 facil non fia. (Snuda anch’egli la spada, ritirandosi)
 MITRIDATE
                           Che? Contro il padre ancora?
 FARNACE
 Il padre si rispetti. (Abbassa la punta della spada. E intanto Aristia si avanza)
 
 SCENA X
 
 ARISTIA e i sopradetti
 
 ARISTIA
                                      E Aristia mora.
 FARNACE
 O cieli!
 ARISTIA
                 Odimi, o re. Soffri, o Farnace.
935In quel torbido ancor d’ira funesta,
 che ti offusca la fronte,
 leggo l’amor paterno. Che un tal figlio,
 figlio sempre a te caro, or ti resista,
 ti fa dolor. L’impegno
940del grado e de la fede
 t’obbliga, benché padre, ad esser giusto
 e ad esser re. Degno è un fellon di morte,
 tal ti sembra Farnace;
 ma tal non è. Non sempre
945quella, che par gran colpa, è vera colpa.
 Bastava in sua discolpa
 che gli uscisse di bocca un solo accento.
 Dal labbro gliel rispinse e in cor gliel chiuse
 il timor del mio rischio. A me or conviene
950rendergli egual pietade e a Mitridate
 salvare il figlio, il successore al trono.
 Signor, tutti i suoi falli
 fatti ha ’l dover. Sappil, sua moglie io sono.
 FARNACE
 Ah! Che dicesti!
 MITRIDATE
                                 Moglie,
955moglie tu di Farnace?
 ARISTIA
                                           Io ’l sono; e in dirlo,
 conosci e ciò ch’io pensi e ciò ch’io voglia.
 Me viva, altra consorte
 si divieta al tuo figlio.
 Quella, che devi a lui, succeda in voto
960talamo, ma pudico,
 a chi, se dal natal non ebbe il merto,
 da virtù forse l’ebbe.
 Io torno in Eraclea. Sia in tuo potere (Si accosta a Mitridate)
 il destino di Aristia.
965Tu al mio sposo perdona. Addio Farnace.
 Addio. Al padre ubbidisci.
 Di Aristia ti sovvenga e datti pace. (Parte e in lontano s’incontra con Apamea, con cui si ferma alquanto a discorrere)
 
 SCENA XI
 
 MITRIDATE, FARNACE e poi APAMEA con DORILAO
 
 FARNACE
 No. Senza me tu non andrai... (Vuol seguire Aristia)
 MITRIDATE
                                                         Se Aristia (Vien trattenuto da Mitridate)
 tanto ti fa temer, fermati e guarda
970che non m’esca un comando,
 per lei fatal. Soldati,
 scortatela a la reggia. (Alquanti de’ soldati di Mitridate seguono Aristia)
 FARNACE
                                          Ivi è Ladice. (Apamea si avanza)
 E in sì barbare mani
 sì bella vita?
 APAMEA
                          Ostaggio
975per la vita di lei sarà la mia.
 MITRIDATE
 Apamea...
 APAMEA
                      Re del Ponto,
 quello ch’odio di madre
 sovra Aristia oserà, fia vendicato
 dal dolor de l’amante. Io qui rimango.
980Sappialo la regina.
 DORILAO
 (Che mai non osa amor?)
 APAMEA
                                                 Sappi e tu, sire,
 che per quanto in quest’alma arda il bel foco, (Dando un’occhiata a Farnace)
 mai con la bassa idea d’un falso bene,
 né a viltà piegherassi
985né darà braccio ad ingiustizia e a forza.
 D’Aristia e di Farnace
 l’anime ha il ciel congiunte.
 Dividerle perché? Perché gli auspici
 a’ tuoi vasti disegni
990prender da un atto ingiusto? E ch’io l’approvi?
 Ch’io ne sia la cagion? No. Ciò che lice
 solo a me piaccia e, se l’amor non puote,
 me almeno la virtù renda felice.
 MITRIDATE
 Qual t’abbia tratta al campo, ove è Farnace,
995pensier, nol cerco, o principessa. Industria
 di giovanetta amante
 è ’l mascherar gli affetti
 col nome or di virtude ed or di sprezzo.
 Rimanti pur col figlio. Unirvi è ’l solo
1000voto di Mitridate;
 e voto era di lui torgli dal fianco
 la mal rapita donna.
 Farnace, io ’l feci; e parto,
 e di quel che ti ho tolto
1005e di quel che ti lascio, altero e lieto.
 Addio. Vieni a tuo grado in Eraclea
 con la bella Apamea; ma vieni in guisa
 che con miglior consiglio
 altro amante in te trovi ed altro figlio.
 
1010   Pensa, se ancor resisti,
 che posso vendicarmi.
 Risolviti a placarmi
 o ’l fulmine cadrà.
 
    Non dir che amore e fede
1015ti unisce ad altra amante.
 Gli affetti in cor regnante,
 se il regno non li chiede,
 son bizzaria o viltà.
 
 SCENA XII
 
 FARNACE, APAMEA e DORILAO
 
 FARNACE
 Generosa Apamea, deh! che mi giova
1020la tua pietà?
 APAMEA
                          Che temi?
 FARNACE
 Tutto, e Ladice e Mitridate e ferro
 e tosco... O Aristia! O sposa! Ogni momento
 me la presenta in vario aspetto esangue.
 APAMEA
 So il furor de la madre;
1025ma so ancora il suo amor.
 DORILAO
                                                 Né Mitridate
 te irriterà, che tieni
 il favor de’ soldati e sei nel campo.
 FARNACE
 Oh! Fossi in Eraclea. Là il cor mi chiama,
 là il dover, là d’Aristia...
1030Perdonami, Apamea. Te ancor presente,
 dissimular non posso
 un amor che ti offende.
 Di me stesso non son, sono di morte.
 APAMEA
 (Felice Aristia, io cangerei ben sorte).
 DORILAO
1035Ma che risolvi alfine?
 FARNACE
 Seguire il fato e ritornare al padre.
 APAMEA
 Teco io sarò. De la regina al core
 parleran le mie lagrime.
 FARNACE
                                               Non poca
 parte di mia sciagura
1040è la necessità d’esserti ingrato.
 APAMEA
 Salverò Aristia e a costo
 anche de l’amor mio sarai beato.
 DORILAO
 Né in vil ozio starò. Te seguiranno
 fra poco in tua difesa
1045i più forti del campo,
 me duce. È di Apamea sovrano impero
 tentar tutto in tuo pro.
 FARNACE
                                            Quest’anche? Oh! Fossi
 in libertà di amarti;
 ma tu già intendi il mio dover qual sia.
 APAMEA
1050Il tuo dover fa la miseria mia.
 FARNACE
 
    Occhi bei, voi mi vedreste
 arso il cor dai vostri rai,
 se in me cor trovato aveste,
 quando prima io vi mirai.
 
1055   Nel piacer del vagheggiarvi
 il dover mi rammentai;
 né potendo alora amarvi,
 mi ritrassi e sospirai. (Presa per mano Apamea si incammina con essa verso la città e Dorilao entra nelle tende, seguito dai soldati)
 
 Segue il ballo di marinari orientali che sbarcano dalle navi.
 
 Fine dell’atto terzo